Nei tempi dell’intelligenza artificiale mi piace pensare che mai sarà possibile costruire artificialmente qualcosa di simile al “saper fare” di Madre Natura, con la sua geologia e meteorologia, al saper fare dell’uomo fatto di tecnica, tradizione e soprattutto pensiero, quel pensiero che precede nel suo essere le semplici connessioni neuronali del nostro cervello, permettendo la metamorfosi di un umile, seppur nobile, grappolo di uva, in un sublime nettare. La Natura e l’Uomo danno vita così ad una nuova entità, un qualcosa che dà continuità alla vita del grappolo che l’ha generata: il Vino.
Si, il vino vive. Vive giorno per giorno come un essere umano: nasce e si evolve, e dalla sua irruenza e immaturità giovanile, passa all’equilibrio della maturità, alla complessità, nella sua ultima espressione, per poi un po’ alla volta invecchiare e, spogliandosi di tutto quello che lo caratterizzava, perdere la propria essenza lentamente. E come un essere umano, ha i suoi 5 sensi che gli permettono di comunicare con l’ambiente circostante. Il vino comunica con noi andando a stimolare questi sensi. Facile è parlare di vista, olfatto, gusto e tatto nella esperienza della degustazione di un vino. Più difficile è rapportarsi con la sensazione uditiva e di come il vino comunichi con noi anche attraverso questo Senso che ugualmente, se non in misura addirittura più importante, contribuisce all’esperienza complessiva della degustazione di un vino, anche se in modo meno ovvio rispetto alla vista, all’olfatto, al gusto ed al tatto.
Quello che mi ha spinto a riflettere su questo punto scaturisce da un’esperienza vissuta nella cantina ipogea di Almagaia, l’antica cantina dove generazioni e generazioni hanno profuso la loro perizia nella nobile arte della vinificazione, e che oggi condivide con noi una nuova sfida, quella della Spumantizzazione secondo la nobìle arte del Metodo Classico attraverso l’interpretazione dei suoi protagonisti Franco e Giandomenico.
Nel suo silenzio e nella sua algida penombra delle poche luci fioche presenti (noi di Almagaia siamo molto attenti a mantenere la temperatura bassa, all’assenza di rumori o vibrazioni ed alla luce che nuocerebbero all’affinamento delle bottiglie del nostro metodo classico), quel giorno, immerso in quel silenzio irreale che solo una cantina ipogea come la nostra può regalare, ero intento alle operazioni di routine di cantina, quando ad un tratto sentii un tintinnio. All’inizio non ci feci caso più di tanto. Dopo un po’, un altro tintinnio. La cosa cominciò ad incuriosirmi. Fermai ogni mia attività per non fare alcun rumore e capire da dove provenisse quel tintinnio. Dopo un po’ ecco l’ennesimo tintinnio: veniva dalla catasta di affinamento delle bottiglie, una parete formata da migliaia di bottiglie che “riposano” le une sulle altre. Il vino spumante contenuto in esse mi stava comunicando che era vivo; la sua espansione, generata dalla sovrapressione presente all’interno delle bottiglie, provocava una micro dilatazione del vetro e le faceva “cantare” attraverso quell’impercettibile tintinnio. Da quel giorno quando scendo in cantina mi soffermo per un pò senza far rumore per ascoltare il canto del mio spumante che mi saluta con il suo tintinnio. E’ il canto di Almagaia.
E questo, al contrario di quanto oggi è canonizzato (come direbbe il mio amico e socio Giandomenico) nei “Sacri Testi” della degustazione, oggi mi spinge a parlarvi di questo quinto senso con cui il vino comunica con noi e condiziona il nostro giudizio nei suoi confronti.
Il tappo che salta
Quando stappi una bottiglia di Almagaia, il “pop” del tappo è un suono iconico che crea immediatamente un’atmosfera di festa. Questo suono, da solo, può influenzare positivamente la percezione che abbiamo della qualità del vino e del momento celebrativo. Al di là delle regole ferree della somellerie che impongono di stappare uno spumante senza far avvertire alcun rumore, se non un leggero sfiato togliendo il tappo, cosa sarebbe dell’allegria della festa senza quel “POP”?
Il versare il vino
Il suono di Almagaia che viene versato nel bicchiere; il delicato fruscio e le bollicine che si liberano sono parte integrante dell’esperienza uditiva. Anche un cieco potrebbe riconoscere che quel vino che stiamo versando è uno spumante!
Il rumore di sottofondo e la musica
Questo è forse l’aspetto più interessante de “l’udito del vino”. La musica o i suoni ambientali presenti durante la degustazione possono influenzare profondamente come percepiamo i sapori, gli aromi e persino il piacere generale del vino.
- Coerenza Emozionale: Alcuni tipi di musica possono esaltare specifiche caratteristiche di un vino. Ad esempio, la musica classica potrebbe far percepire una maggiore dolcezza in uno spumante bianco, mentre generi più intensi come il jazz o il blues potrebbero accentuare la ricchezza e la complessità di uno spumante rosè.
- Corrispondenze Cross-modali: Il nostro cervello tende ad associare certi suoni a certi gusti (ad esempio, suoni acuti con l’acidità, suoni morbidi con la dolcezza). Questa “connessione incrociata” può portare a un’esperienza di degustazione migliorata quando la musica si “allinea” al profilo del vino.
- Umore e Aspettativa: L’umore evocato dalla musica di sottofondo influenza il nostro stato emotivo, che a sua volta condiziona l’interpretazione sensoriale del vino. Una musica allegra potrebbe far sembrare un vino più fruttato e vivace, mentre una musica più lenta potrebbe intensificare espressioni più profonde e complesse ed esaltare gli aromi terziari di uno spumante lungamente affinato.
Ma non siamo solo noi che “sentiamo” il vino; anche il vino sente noi e non sempre in maniera per lui positiva. Ma questa è un’altra storia che vi racconterò ne: “I 5 SENSI DEL VINO”